Italia al bivio tra analfabeti digitali e vecchi rimbambiti: come pensiamo di sfidare il Futuro?
Parlando con amici dei pro e dei contro dell'Intelligenza Artificiale, ovviamente si è discusso dei rischi legati alle fake news: con gli strumenti attuali, creare e diffondere notizie false è alla portata di chiunque. Questa capacità di manipolare informazioni ha portato molti a demonizzare l'AI, chiedendo normative più stringenti.
Tuttavia, anche le leggi più severe potrebbero non essere sufficienti. Nonostante regolamenti come il GDPR (General Data Protection Regulation), le aziende tecnologiche, soprattutto i colossi del web, volendo, possono tranquillamente aggirare le norme usando infrastrutture in paesi offshore, analizzano i dati degli utenti nonostante la loro opposizione, e sfido chiunque a venirlo a sapere!
Questo scenario dimostra che, sebbene le leggi siano importanti, la loro efficacia dipende dall'implementazione, ma soprattutto da una attenta ed efficace vigilanza. In definitiva, puoi realizzare tutte le leggi e i regolamenti che vuoi, ma è come una catena di titanio: se poi il lucchetto è di gesso, alla fine non è che serva a molto!
Quindi dove risiede la soluzione?
Se un tempo chi riusciva a calcolare 1 + 1 = 2 era "avanti" rispetto alla massa, oggi non basta nemmeno più riuscire a comprendere come si è arrivati a realizzare la teoria della relatività.
Lo sappiamo, la natura tende sempre all'equilibrio, come recita il famoso principio:
“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”
Per riequilibrare il nostro mondo in continua trasformazione digitale, la natura ci chiede di diventare persone migliori, di formarci e acquisire le competenze necessarie per affrontare i problemi del futuro.
Non c'è altra soluzione: non possiamo aspettarci che chi si comporta male o utilizza l'intelligenza artificiale in modo fraudolento cambi. Quelli che devono cambiare siamo noi!
Per difenderci dalle complessità del mondo attuale, dobbiamo impegnarci in prima persona, studiare, formarci e diventare più competenti dei nostri avversari. Non possiamo sfuggire a questa responsabilità. Chi non lo farà, per mancanza di volontà o capacità, sarà inevitabilmente travolto come un'onda che si infrange sui granelli di sabbia.
Forse invece di spendere miliardi per un ponte, probabilmente inutile, che già è costato milioni di euro solo per le scartoffie, sarebbe più intelligente utilizzare questi soldi per creare dei piani di studio più efficaci e disponibili a chiunque, a tutti i livelli e a tutte le età.
GLI ULTIMI SVILUPPI TECH INDICANO CHE DOBBIAMO PREOCCUPARCI?
Le notizie tecnologiche degli ultimi tempi, devo ammetterlo, mi lasciano alquanto perplesso e molto preoccupato. Come entusiasta della tecnologia, dovrei essere felice di sapere che presto avremo a disposizione strumenti all’avanguardia che ci aiuteranno come mai prima d'ora, sia nel lavoro che nella vita privata. Tuttavia, come cittadino, mi preoccupo dei rischi nascosti che questa digitalizzazione porta con sé.
Se avrete la pazienza di ascoltarmi, scoprirete che il percorso che abbiamo intrapreso, accettando di trasformare parte della nostra identità da reale a digitale, comporta notevoli rischi. Il problema è che, se non ce ne occupiamo subito, potremmo non avere altre opportunità per evitare disastri, purtroppo, già annunciati.
Oramai lo sappiamo, viviamo in un'epoca in cui ogni aspetto della nostra vita può essere monitorato. La nostra privacy è continuamente a rischio e molto spesso viene violata. Neanche a farlo apposta, proprio mentre sto scrivendo questo testo, ho ricevuto una email in cui mi avvisano che l’azienda di cui sono cliente, e che quindi mantiene sui suoi server i miei dati, ha subito un attacco informatico, con perdita di informazioni che mi riguardano, e che potenzialmente, malintenzionati potrebbero utilizzare per eseguire truffe a mio nome, mettendomi in seria difficoltà.
Eppure, probabilmente pochi lo sanno, ma la Privacy è un elemento così importante per tutti noi, che è stata addirittura inserita nella dichiarazione dei Diritti Umani. L’articolo 12 recita così:
“Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni”
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È fondamentale comprendere che utilizzare servizi rispettosi della privacy non è solo essenziale, ma indispensabile per proteggere la nostra preziosa libertà! Molti pensano che, non avendo nulla da nascondere, non ci sia motivo di preoccuparsi se qualcuno spia le loro vite. Tuttavia, questo atteggiamento sottovaluta l'invasività a cui siamo sottoposti quotidianamente e l'impatto che questa ingerenza continua può avere, spesso in modo inaspettato e terribilmente dirompente!
PERCHÉ PROTEGGERE LA PRIVACY? TRE CASI EMBLEMATICI CHE FANNO RIFLETTERE
Vi riporto di seguito tre storie realmente accadute, che sono sicuro, vi faranno riflettere:
Febbraio 2021: Il Caso di Mark
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Articolo del New York Times: “A Dad Took Photos of His Naked Toddler for the Doctor. Google Flagged Him as a Criminal. Google has an automated tool to detect abusive images of children. But the system can get it wrong, and the consequences are serious”
Traduzione: “Un papà ha scattato delle foto del suo bambino nudo per il dottore. Google lo ha segnalato come criminale. Google dispone di uno strumento automatizzato per rilevare immagini di bambini abusati. Ma il sistema può sbagliare e le conseguenze sono gravi”
In una tranquilla domenica mattina di febbraio 2021, Mark, sviluppatore da remoto e padre di famiglia, scopre che il suo account Google è stato completamente disattivato. Non può più accedere alle email, ai contatti, alle foto e la SIM del suo cellulare, comprata tramite Google Fi, smette di funzionare. Il motivo? Mark aveva scattato una foto dell'arrossamento nella zona pubica del suo neonato per inviarla al pediatra. Google scansiona automaticamente tutte le foto e quella di Mark è stata contrassegnata come pedopornografia. Non solo non otterrà più l'accesso ai propri dati, ma l'account sarà permanentemente cancellato. Google ha anche contattato il dipartimento di polizia di San Francisco, avviando un'indagine nei suoi confronti. Dopo dieci mesi, l'investigatore conclude che non c'è crimine, ma Google si rifiuta di riattivare l'account. Mark decide di non procedere legalmente a causa dei costi elevati.
Dicembre 2022: Cristina Criddle e TikTok
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Articolo di ArsTechnica: “TikTok spied on me. Why?”
Traduzione: “TikTok mi ha spiato. Perché?”
Cristina Criddle, giornalista, riceve una chiamata da TikTok che la invita a leggere un articolo sul New York Times. L'articolo parla di come ByteDance, l'azienda dietro TikTok, abbia utilizzato l'app per spiare la posizione di giornalisti critici. Cristina scopre di essere stata spiata e invia 15 domande a ByteDance, che non risponde. L'impatto psicologico su Cristina è significativo, sentendosi costantemente sorvegliata.
Gennaio 2023: Le Rivelazioni su Amazon Ring
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Articolo di CBSNews: “Amazon's Ring gave employees 'unfettered' access to customer videos, FTC alleges”
Traduzione: “Ring di Amazon ha dato ai dipendenti un accesso 'illimitato' ai video dei clienti, sostiene la FTC”
CSB News pubblica un articolo su come evitare di essere spiati da hacker attraverso Amazon Ring, ma più che dagli hacker, la guida è per difendersi da Amazon stessa. Il personale di Ring e collaboratori esterni hanno visionato centinaia di video privati degli utenti, cercando specificamente video compromettenti. Un'azione legale da 8 milioni di dollari svela dettagli agghiaccianti ai limiti dello stalking.
Già da questi pochi esempi emerge dirompente la facilità con cui possiamo essere spiati, geolocalizzati e indagati per malintesi: ma qui non si tratta solo di scegliere con attenzione i servizi che utilizziamo, bisogna invece comprendere che anche non volendo, ci troviamo tutti costretti a combattere una vera e propria guerra di cui invece, soprattutto noi italiani, neanche ci rendiamo conto!
L’ITALIA: UN PAESE DI ANZIANI E ANALFABETI DIGITALI
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Rispetto agli altri Paesi europei infatti, sul piano della comprensione dei processi digitali, l’Italia è ridotta molto peggio: non lo dico io ma le statistiche che la Commissione europea pubblica annualmente nei risultati del Digital Economy and Society Index (DESI), che traccia i progressi compiuti dagli Stati membri dell’UE nel settore digitale.
Nell’edizione 2022 dell’Indice di Digitalizzazione dell’Economia e della Società (DESI) l’Italia si colloca al 19º posto fra i 27 Stati membri dell’UE.
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Quello che emerge con evidenza è che nonostante il grosso lavoro per colmare il divario con la media europea, oltre la metà dei cittadini italiani non dispone neppure di competenze digitali di base. Ed infatti, solo il 40 % degli utenti di Internet in Italia fa ricorso ai servizi pubblici digitali (rispetto a una media UE del 65 %).
Questo nel 2022.
Nel 2017 eravamo al 27º posto su 29.
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Nel 2018 eravamo al 26º posto su 29.
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Nel 2019 eravamo al 25º posto su 29.
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Nel 2020 eravamo al 26º posto su 29.
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Nel 2021 eravamo al 21º posto su 28.
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Sono serviti 6 anni per muoverci di 8 posizioni e passare dal 27º posto al misero 19º posto fra i 28 Stati membri dell’UE, probabilmente questo è dovuto anche al fatto che l’età media oramai in Italia è molto alta: l'Italia sta affrontando un preoccupante fenomeno di invecchiamento demografico. Secondo i dati ISTAT, negli ultimi dieci anni sono 74.000 i giovani laureati che hanno lasciato l'Italia per trasferirsi all'estero. Questo fenomeno, noto come "fuga di cervelli", è dovuto principalmente alla mancanza di opportunità lavorative adeguate e alla scarsa remunerazione nel nostro Paese. Inoltre, il rapporto Eurostat mostra che l'Italia ha perso 1,3 milioni di persone, di cui un emigrante su tre è laureato, che hanno scelto di lavorare e vivere all'estero negli ultimi 10 anni. Questo divario generazionale e la perdita di capitale umano qualificato rischiano di compromettere seriamente la competitività e lo sviluppo futuro dell'Italia.
Come se non bastasse, questo fenomeno di invecchiamento sta crescendo molto rapidamente. Secondo i dati Eurostat, nel 2023 più di una persona su cinque in UE ha più di 65 anni, e in Italia la quota è ancora più alta, con il 13,7% del PIL dedicato alla spesa per gli anziani. Inoltre, il numero di anziani in difficoltà non riceve sufficiente assistenza personale o domestica è molto alto, con quasi la metà degli anziani in difficoltà che non riceve sufficiente aiuto.
Sempre secondo i dati ISTAT, al 1° gennaio 2024 ogni 100 giovani ci sono 187 anziani. Questo fenomeno di invecchiamento demografico è destinato ad accentuarsi ulteriormente: le proiezioni indicano che nel 2050 ogni 100 giovani ci saranno più di 300 anziani. Questo squilibrio generazionale è dovuto a diversi fattori:
- Il crollo del numero di donne in età fertile, passate da quasi 14 milioni nel 2011 a soli 11,5 milioni nel 2024
- Il rinvio della genitorialità, che si traduce spesso in una rinuncia definitiva alla procreazione
- L'elevato tasso di giovani a rischio di povertà, con 1 giovane su 3 tra i 16-24 anni in questa condizione
- La minore spesa pubblica per i giovani rispetto ad altri paesi europei, come per l'istruzione
Quindi, non solo analfabeti digitali ma anche anziani rimbambiti! Ecco perché, purtroppo, siamo un Paese così appetitoso per gli hacker di tutto il mondo! Ed ecco quindi il motivo per cui, noi italiani, più degli altri, dobbiamo essere meno superficiali quando si tratta di preservare i nostri dati!
Eppure, a causa dell’indifferenza generale rispetto a questi temi, oggi molti si sono talmente abituati a cedere parte della propria privacy in cambio di servizi, che ritengono questo fatto non solo accettabile, ma anche desiderabile, visto che in cambio si ottengono prestazioni gratuite o una falsa speranza di maggior sicurezza.
Proprio in nome della sicurezza ad esempio, in vista del Giubileo l’amministrazione capitolina prevede di installare nella metropolitana di Roma, telecamere dotate della funzionalità biometrica. Per fortuna l’Authority si è attivata e ricorda che il trattamento dei dati attraverso sistemi di videosorveglianza di questa tipologia è consentito solo all’autorità giudiziaria (e ci mancherebbe!).
SE UN CARTELLO CONDIZIONA LA NOSTRA LIBERTÀ, COSA PUÒ FARE UN BOT DOTATO DI IA?
Lo sapevate che affiggere un cartello finto o una telecamera farlocca per evitare furti e aumentare la vostra sicurezza, può costarvi caro? Sono previste multe fino a 36.000 €!
Il motivo di una multa così salata per un fatto che a prima vista può sembrare quasi insignificante, ce lo spiega il Garante Privacy: “L’installazione meramente dimostrativa o artefatta, anche se non comporta il trattamento di dati personali, può determinare forme di condizionamento nei movimenti e nei comportamenti delle persone in luoghi pubblici e privati e, pertanto, può essere legittimamente oggetto di contestazione”.
In altre parole, la presenza di videocamere finte può indurre le persone a limitare la propria libertà, credendo di essere sorvegliate. Di conseguenza, gli individui potrebbero autolimitare i propri comportamenti e movimenti.
Questa precisazione si estende anche all’affissione di cartelli falsi. Anche in questo caso, vedendo un cartello “Area Videosorvegliata”, le persone potrebbero sentirsi condizionate nei loro comportamenti e movimenti. E un’azione risarcitoria potrebbe essere addirittura più semplice da ottenere: mentre nel caso delle finte telecamere bisogna dimostrare che sono non funzionanti, è più facile verificare che un cartello non è accompagnato da alcuna strumentazione.
Ma se un semplice cartello esposto può condizionare la nostra libertà, pensate come dovremmo sentirci sapendo che un BOT dotato di Intelligenza Artificiale sta lì, nascosto, all’interno dei nostri dispositivi, e ci osserva senza sosta 24 ore su 24, 7 giorni su 7, registrando ogni nostra azione, e valutando i nostri comportamenti!
I TERMINI E CONDIZIONI D’USO SI AGGIORNANO PER PERMETTERE L’INGRESSO DELLE IA
Meta, proprietaria di Instagram, Facebook e Whatsapp, di recente ha aggiornato la sua informativa sulla privacy proprio per espandere l'utilizzo dell'IA nei suoi servizi, adoperati quotidianamente da milioni di persone.
Anche Adobe ha aggiornato i suoi Termini di Servizio, suscitando un forte dibattito. È comune che i TOS vengano modificati per integrare nuove situazioni o introdurre nuove funzionalità relative ai loro prodotti o servizi. Tuttavia, questa volta l'interpretazione della nuova versione ha sollevato preoccupazioni riguardo alla possibilità che Adobe cerchi di accedere ai lavori degli utenti, persino sui loro PC locali. Questo ha destato preoccupazione tra molti professionisti, specialmente coloro che sono vincolati da accordi di non divulgazione (NDA) con i clienti, i quali richiedono una totale riservatezza sul lavoro svolto.
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Leggendo il messaggio richiesto per proseguire, sembra a prima vista che si parli di accesso ai "contenuti dell'utente" senza specificare quali e dove. Tuttavia, nel popup sono indicate solo le modifiche e non l'intero documento dei Termini di Servizio. Per comprendere meglio il concetto di "contenuti dell'utente", è necessario consultare l'articolo 4.1, il quale chiarisce che i contenuti controllati da Adobe includono tutti i file di qualsiasi tipo caricati o salvati nel cloud, non quelli presenti sui nostri computer.
Nonostante sia indicato che l'accesso ai dati dell'utente avviene in modo limitato e conforme alla legge, per proteggere il sistema, prevenire attività illegali o migliorare il servizio, il fatto di sapere di poter essere sottoposti a un controllo "preventivo" da parte di estranei suscita comunque un senso spiacevole di limitazione della libertà personale, simile alla presenza di telecamere finte discusse precedentemente.
LA MIA PROPOSTA PER LA COMUNITÀ EUROPEA: COLORI SEMAFORICI PER I CONTRATTI
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Anni fa ho pubblicato il seguente articolo su Agenda Digitale: "Stop alla perdita dei dati, 'semaforo privacy' per i contratti digitali", una mia proposta, che magari la Comunintà Europea oggi potrebbe adottare, per venire incontro ai consumatori, soprattutto quelli più deboli e per questo meno protetti dagli abusi di ogni genere, anche quelli commerciali.
Come dimostrato dalle etichette energetiche, nutrizionali e simili, l'uso dei codici colorati è un sistema di comprensione immediata e facilmente integrabile in qualsiasi processo economico o commerciale esistente. Perché non estenderlo anche ad altri settori per proteggere i dati dei consumatori?
Il problema principale per i consumatori è la difficoltà di comprendere pienamente ciò che stanno accettando quando sottoscrivono i "Termini e Condizioni d'uso". Spesso, potrebbero non rendersi conto di accettare clausole insidiose che potrebbero mettere a rischio i loro dati personali e la loro privacy.
La soluzione che propongo è quella di definire per legge l'impatto delle varie richieste sulla privacy dei cittadini, creando macro categorie a cui attribuire un "bollino colorato" da includere nei contratti. Attraverso un semplice codice semaforico, ROSSO – GIALLO – VERDE (di cui il significato è intuitivo), si identificano le parti del contratto, dalle "sicure" (semaforo verde) a quelle potenzialmente "pericolose" (semaforo rosso), poiché trattano dati sensibili come quelli relativi alla salute, origine razziale o etnica, opinioni politiche e orientamento sessuale o religioso (informazioni protette che possono essere raccolte e utilizzate solo a determinate condizioni).
Adottando il sistema proposto, un generico contratto presentato ai consumatori apparirebbe così:
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Come si può vedere, questo metodo renderebbe semplice per tutti capire rapidamente, con una sola occhiata, i punti del contratto a cui prestare particolare attenzione per evitare "sorprese".
Un aspetto secondario ma non meno importante è che l'adozione di codici colorati "a semaforo" aiuterebbe anche le persone ipovedenti, permettendo loro di percepire immediatamente le varie parti del contratto in base ai colori e di fare scelte con maggiore autonomia.
CHAT CONTROL 2.0: UN SISTEMA DI SORVEGLIANZA DI MASSA TARGATO UE?
Non solo le aziende, gli hacker e i malintenzionati, anche l’Unione Europea ci mette del suo per mettere a repentaglio la nostra privacy!
Patrick Breyer, noto politico tedesco impegnato per la difesa dei diritti digitali, europarlamentare e membro del Partito Pirata, è tornato sullo scottante argomento della proposta di legge nota come Chat Control 2.0 che potrebbe obbligare gli sviluppatori di app di messaggistica a consentire l’accesso da parte di terzi al contenuto dei loro messaggi privati, senza alcuna autorizzazione degli utenti coinvolti.
La nuova regolamentazione sembrava essere ormai sul viale del tramonto, dopo le tante critiche incassate da più parti. Il giudizio prevalente, infatti, è che vi fosse una enorme sproporzione tra la necessità di reprimere eventuali reati online e l’introduzione di un sistema di sorveglianza di massa. Questo, infatti, sarebbe Chat Control 2.0 per molti osservatori.
Il fronte del “no” aveva prevalso a ottobre 2023 e l’introduzione della norma Chat Control 2.0 in Europa era stata rinviata. Breyer, tuttavia, ha spiegato che l’iter di approvazione della proposta di legge è in realtà proseguito. Tanto che il parlamentare ha anche condiviso quella che sembra a tutti gli effetti la bozza aggiornata del provvedimento (potrebbe addirittura potenzialmente entrare in vigore già da giugno 2024).
UNO SCREENSHOT OGNI 5 SECONDI: LA FINE DELLA PRIVACY SU WINDOWS?
Nel frattempo, Microsoft ha annunciato il suo nuovo servizio chiamato "Recall". Di cosa si tratta? Semplice: il sistema operativo scatta uno screenshot dello schermo ogni 5 secondi e lo salva in un file, creando così una cronologia delle nostre azioni. Questo è utilizzato anche per alimentare l'Intelligenza Artificiale integrata nel sistema operativo, permettendoci di fare domande su qualsiasi cosa, sapendo che l’AI ha letteralmente "visto" tutto ogni 5 secondi, quindi può rapidamente recuperare le nostre informazioni. Il servizio è indubbiamente utile, ma il rischio è evidente: dobbiamo fidarci ciecamente che Microsoft non spii i nostri dati. Inoltre, se un hacker riuscisse a ottenere accesso a questa cronologia, potrebbe scoprire e sfruttare informazioni a nostro svantaggio: vi immaginate i danni!?
Se pensate che queste siano solo esagerazioni, vi faccio ricredere subito: nonostante il servizio “Recall” sia ancora in fase di distribuzione, è già disponibile online un programma Python di appena 182 righe che consente di estrarre tutti gli screenshot che Recall cattura automaticamente ogni 5 secondi, oltre ovviamente all’intera cronologia in cui è registrata qualsiasi cosa facciate durante la vostra sessione quotidiana di utilizzo del PC.
Avete visualizzato immagini intime scattate con il vostro partner, o controllato il saldo bancario prima di andare a dormire? Recall lo sa e ha “visto” e salvato tutto localmente... senza però, a quanto pare, un sistema di sicurezza adeguato! Tutto in chiaro!
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Per aggiungere ulteriore preoccupazione, la versione più recente di Windows 11 che include proprio "Recall" è stata ritirata di recente senza un motivo chiaro. Alcuni utenti hanno segnalato numerosi bug, mentre altri suggeriscono che il ritiro sia stato influenzato dalle critiche suscitate dalla notizia della distribuzione del sistema Recall.
GOOGLE TI ASCOLTA PER PROTEGGERTI, MA LA PRIVACY?
Articolo di NBCNews: “Google tests AI to detect scam phone calls. Privacy advocates are terrified. Google said this week it was testing software that would monitor phone calls for suspicious activity, such as fraud.”
Traduzione: “Google testa l'intelligenza artificiale per rilevare le telefonate fraudolente. I difensori della privacy sono terrorizzati. Google ha detto questa settimana che stava testando un software in grado di monitorare le telefonate per attività sospette, come le frodi.”
Alcuni difensori della privacy sono preoccupati per l'annuncio di Google di testare la scansione in tempo reale delle telefonate alla ricerca di segnali di truffe finanziarie. Durante l'ultimo Google I/O, la conferenza per gli sviluppatori software, Dave Burke, vicepresidente dell'ingegneria di Google, ha presentato l'idea di utilizzare l'intelligenza artificiale per rilevare modelli associati alle truffe e avvisare gli utenti di telefoni Android in caso di sospette attività fraudolente.
Burke ha descritto questa funzionalità come una misura di sicurezza, esemplificandola con una chiamata dimostrativa ricevuta sul palco da qualcuno che si fingeva un rappresentante di banca, invitando Burke a trasferire i suoi risparmi su un nuovo conto per presunti motivi di sicurezza. Durante la chiamata, sul telefono di Burke è apparsa una notifica: "Probabile truffa: le banche non ti chiederanno mai di spostare i tuoi soldi per tenerli al sicuro", con un'opzione per terminare la chiamata.
Burke ha menzionato che "Gemini Nano", un modello di intelligenza artificiale sviluppato da Google, avverte immediatamente di attività sospette. Tuttavia, non ha specificato quali segnali il software utilizza per identificare conversazioni potenzialmente sospette.
La dimostrazione ha ricevuto applausi dal pubblico presente alla conferenza a Mountain View, in California, ma alcuni sostenitori della privacy hanno espresso preoccupazione riguardo alla possibilità che questa tecnologia possa essere abusata da società di sorveglianza private, agenti governativi, stalker o altri che potrebbero voler monitorare le telefonate delle persone.
Burke ha rassicurato che questa funzionalità non trasferirà dati dai telefoni e che l'elaborazione audio rimarrà completamente privata per garantire un certo livello di protezione. Tuttavia, i difensori della privacy sottolineano che l'elaborazione on-device potrebbe ancora essere vulnerabile all'accesso di hacker, persone con accesso ai telefoni o funzionari governativi con mandati che richiedono accesso a file audio o trascrizioni.
Google non ha fornito ulteriori dettagli sui controlli di sicurezza previsti per questa tecnologia, nonostante le richieste di chiarimento.
LA MELA SI FA INTELLIGENTE E METTE A RISCHIO LA NOSTRA PRIVACY?
Ovviamente Apple non poteva restare a guardare così, recentemente, ha lanciato la sua "Apple Intelligence", un motore AI integrato direttamente nei sistemi operativi dei suoi dispositivi. Questa integrazione nativa potrebbe cambiare radicalmente il nostro modo di utilizzare la tecnologia, rendendo l'uso dell'IA qualcosa di naturale e quasi inconsapevole. Tuttavia, questa evoluzione porta con sé una serie di riflessioni importanti: un aspetto fondamentale da considerare è che, sebbene Apple abbia una forte reputazione per la protezione della privacy, non possiamo semplicemente fidarci ciecamente. È cruciale che ci sia trasparenza e controllo continuo su come i dati vengono gestiti. E ricordiamoci che, anche se l'elaborazione avviene in locale, la possibilità di hacking rimane un rischio concreto.
CONSIDERAZIONI FINALI: VIVA L’AI! ABBASSO L’AI!
Sebbene la tecnologia ed in particolare le Intelligenze Artificiali, applicate alla vita di tutti i giorni, rappresentino degli strumenti fantastici (e aggiungo anche la Realtà Virtuale, visto che la adopero quotidianamente), è innegabile che se utilizzata impropriamente può rappresentare anche un grave pericolo. Lo abbiamo visto in proporzioni molto minori con il caso di Cambridge Analytica, che ha dimostrato quanto sia facile condizionare le persone e spingerle a votare per questo o quel partito, agendo quindi sullo strumento cardine su cui si basano le democrazie... mettendole a repentaglio.
Oggi questo rischio è accentuato, soprattutto in Italia, dal fatto che mentre il livello di intelligenza necessario per comprendere come avvengono i processi digitali è cresciuto in modo esponenziale, dall'altra parte invece stiamo assistendo ad una diminuzione di capacità continua e progressiva da parte degli utenti che hanno sempre maggiori difficoltà a riuscire a stare dietro a tutte le novità in ambito digitale. L'indice DESI, che riassume gli indicatori rilevanti sulla performance digitale dei cittadini europei, vede ogni anno noi italiani sempre agli ultimi posti (probabilmente anche perché stiamo diventando inesorabilmente un Paese di vecchi e pure rimbambiti). È come se consapevolmente stessimo mettendo in mano a dei bambini dei bastoni infuocati senza spiegargli che per usarli devono fare attenzione, altrimenti non solo rischiano di bruciarsi, ma rischiano di incendiare tutta casa!
Ovviamente nei Termini e Condizioni d'uso che firmiamo ci sarà sempre scritto che i dati saranno preservati e che tutto resterà in locale (anche se questa cosa è da confermare!). Ma, chi controlla che sia davvero così 24 ore al giorno? Cioè, se ogni tanto lo smartphone invia dati codificati su un server, chi se ne accorge? E se il telefono venisse hackerato, sarebbe estremamente facile ottenere informazioni di ogni tipo.
Resta il fatto che stiamo andando in una direzione in cui i nostri dispositivi non sono più solo nostri, ma dentro ci abitano i bot super intelligenti delle aziende che ovviamente hanno tutto l'interesse a catalogare e visionare le nostre informazioni per ottenere la nostra profilazione più accurata possibile, facendo apparire il tutto come una offerta gratuita di un servizio (l'IA) indispensabile e utile per la vita di tutti i giorni.
Si tratta forse di un modo geniale per superare brillantemente e in un colpo solo tutte le norme che puntano a preservare i dati degli utenti?
Vi invito a rifletterci perché stiamo prendendo una strada da cui non si torna più indietro... meglio esagerare con le ipotesi che non farlo!
Quali sono le vostre opinioni? Siete preoccupati o entusiasti di questa nuova direzione che la tecnologia sta prendendo?